Le espressioni artistiche offrono a tutti strutture prelogiche per sviluppare capacità simboliche e lingue adatte a comunicare esperienze interiori. Segni e gesti sono un’alfabeto arcaico e l’esperienza creativa è un dialogo possibile. “Giocare” con la fruizione e la produzione di immagini può aiutare a riprendere il filo di un discorso, talora sospeso o spezzato. L’orizzonte teorico-metodologico della Psicoterapia Espressiva è quello kleiniano delle relazioni oggettuali, sviluppato da M. Milner, W. Bion, e da D. Winnicott, che ha introdotto e approfondito le funzioni del gioco creativo. L’attività espressiva, che nella “vecchia psichiatria” era letta nella prospettiva della psicopatologia dell’espressione, può diventare espressione piena della psicoterapia, perché paziente e terapeuta possono esperire nelle immagini e nei gesti fasi del comune percorso del processo interiore. In un quadro teorico di riferimento ampiamente condiviso con altre psicoterapie ad orientamento psicodinamico, la Psicoterapia Espressiva trova una sua specificità nell’uso di strumenti e metodologie derivanti dagli sviluppi dell’Arte Terapia e della Danza Movimento Terapia. Tali discipline, formalizzate negli anni ’40, sono state connotate, inizialmente, come interventi complementari rispetto alla psicoterapia verbale. Alla fine degli anni ’70, grazie al contributo di Arthur Robbins e dell’Institute for Expressive Analysis di New York, una maggiore integrazione del modello teorico con l’apparato tecnico proprio delle Arti Terapie consolidava la prospettiva specifica della Psicoterapia Espressiva. Sostengono questo orientamento ricerche psicoanalitiche, neuroscientifiche e di psicologia dell’arte. In tale prospettiva l’atto del creare un’immagine o una danza, non è allontanamento dal compito, attacco al processo conoscitivo e al setting che lo sostiene, ma è parte integrante del processo terapeutico. Nel corso del lavoro i vissuti profondi, pur rimanendo inizialmente lontani dall’essere consapevoli, si esprimono nell’atto creativo trovando, in alternativa al sintomo, un proprio campo di elaborazione. Nella Psicoterapia Espressiva la produzione estetica, si colloca come terzo polo, vertice e mediatore di comunicazione tra psicoterapeuta e paziente, permettendo l’articolazione di nuove direttrici di interazione. Esse comprendono il rapporto tra paziente e prodotto, nel quale il paziente stesso progressivamente impara a riconoscersi e vede rispecchiate parti di sé, difficoltà, difese inconsce, fantasie o bisogni; il rapporto tra paziente e terapeuta attraverso il prodotto, in cui si articolano e prendono forma dinamiche transferali e controtransferali, dando corpo al campo della relazione; infine, l’interazione diretta tra paziente e terapeuta che consente l’intervento terapeutico e lo scambio, verbale e non, nell’area transizionale, in luogo e/o insieme al campo transferale. La compresenza di queste tre dimensioni comunicative permette al lavoro di procedere a più livelli in quanto la presenza dell’oggetto viene iscritta in un contesto di significazione simbolica.